venerdì, agosto 30, 2024

Formaggi “grana” tipicità e qualità tradita !

In questi giorni il canale televisivo Rai Storia presenta e promuove i suoi interessantissimi programmi con un motto molto significativo e condivisibile: “Il futuro è un viaggio nel passato”; se non si conosce la storia si corre il rischio di costruire il futuro su basi incerte e non vere, quindi la probabilità di un fallimento delle nostre attività future è molto elevata.

Le vicende che hanno portato al riconoscimento della tipicità del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano sono un esempio di come è stata “manipolata” la vera storia dei formaggi tipo grana.

Sulle home page dei due consorzi ci sono due frasi che fanno riflettere.

Sul sito del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano (https://www.parmigianoreggiano.com/it) è messa in evidenza la scritta: “Parmigiano Reggiano Quello vero è uno solo

“Da quasi mille anni abbracciamo i valori italiani” è la scritta che viene evidenziata sulla homepage del consorzio del Grana Padano. (https://www.granapadano.it/it-it/)

Entrambe queste affermazioni non sono vere, e in questo post lo spiegherò sulla base di una documentazione storica difficilmente contestabile.

Il Parmigiano-Reggiano è uno dei formaggi di tipo “grana” e la sua origine è conseguenza di un atto legislativo come ho evidenziato nel post del 22 agosto 2024.

Preso atto del provvedimento legislativo che ha riconosciuto il Parmigiano-Reggiano il 22 dicembre del 1955 viene pubblicato sulla GU il DPR 1269 del 30 ottobre 1955 nel quale viene riconosciuto il Grana Padano.

La legge, quindi, sancisce che i formaggi grana “tipici” sono due.

Nel prospetto in calce al post metto a confronto le caratteristiche dei due grana così come indicato nel DPR 1269 e si potrà constatare come diventa difficile affermare quale dei due è veramente “tipico”.

La tipicità, quindi, non è più il risultato di un know-how tradizionale che utilizza in modo esclusivo le risorse di un territorio definito, cosa avvenuta nel corso di un millennio, ma conseguenza di un atto legislativo.

Se la tipicità di un prodotto viene definita dalla legge, la modifica della legge garantisce la tipicità formale del prodotto, ma non certamente quella sostanziale.

Capite bene il paradosso, ovvero, nel tempo la legge viene modificata per adeguarsi alle innovazioni tecnologiche e soprattutto per nuove esigenze del mercato, quindi il prodotto cambia ma, data la legge, il formaggio, o il prodotto, è sempre considerato tipico come se nulla sia cambiato rispetto ad un contesto originale.

La tipicità diventa, pertanto, una opportunità per elaborare strategie di marketing più o meno aggressive con l’obiettivo principale di attrarre il consumatore come avviene per qualunque prodotto immesso sul mercato.

Il Parmigiano Reggiano è veramente il formaggio grana “vero”?.

Elia Savini dell’Istituto Sperimentale di Caseificio di Lodi pubblica nel 1947 la seconda edizione di un piccolo volume che titola” Il formaggio di grana”. (Tipografia “La Moderna” – Lodi)

Nell’introduzione scrive: “Si chiama grana quel formaggio tipico italiano cotto, ad acidità di fermentazione e a maturazione lenta, che è caratterizzato dalla struttura granulare della pasta a frattura concoide, carattere questo che ha determinato il suo nome, e che unitamente alla sua fragranza, al sapore aromatico, gradevole e sostanzioso, al suo profumo intenso, alla squisita sua bontà, come alla sua durezza e alla sua resistenza, alla notevole massa di latte occorrente nella fabbricazione, come alla lunghezza della sua maturazione ed alle difficoltà della sua tecnologia, ne fanno uno dei principalissimi tipi di formaggio, per cui nessun altro tipo di cacio lo può avvicinare ed eguagliare.”

Il Savini prosegue mettendo in evidenza come le caratteristiche di cui sopra sono ovviamente condizionate dalle specifiche caratteristiche delle zone nelle quali viene prodotto ed è per tale ragione che: “Così si ebbero, in epoca recente (1947 n.d.a), le denominazioni di: grana lodigiano (per estensione anche grana lombardo), per quello caratteristico del circondario di Lodi e della Bassa Lombardia; e di grana reggiano-parmigiano, per quello fabbricato per quello fabbricato nelle provincie omonime e nelle zono a queste finitime.”

Nella nota storica il Savini si pone la domanda di dove e quando è iniziata la fabbricazione del formaggio grana. Vi sono testimonianze documentali di una produzione casearia databile tra il X e XI secolo e in un così lungo periodo di tempo si sono affinate ed evolute tecniche casearie differenti e strettamente legate al territorio e alla necessità di disporre una grande quantità di latte, quest’ultima condizionata allo sviluppo dell’allevamento bovino. Proprio per queste ragioni ritiene che: “… le polemiche che ogni tanto affiorano e che ritornano a seconda delle fortune di questo formaggio, lasciano il tempo che trovano e non possono risolvere la vexata quaestio, e cioè, dove è nato il formaggio grana?”

Dagli anni ’50 ad oggi ci sono state evoluzioni normative importanti, soprattutto quelle che si riferiscono ai regolamenti comunitari e l’istituzione del riconoscimento europeo delle DOP (Denominazioni d’Origine Protette, primo regolamento è datato 1992) con la emanazioni di disciplinari più rigorosi e dettagliati.

A dimostrazione che la tipicità è diventata uno slogan pubblicitario è bene riflettere sui dati che presento nella seguente tabella riferiti alla produzione di formaggio “grana

Produzione di formaggio "grana" nella provincia di Reggio Emilia

Anno

Caseifici

Latte lavorato
Q.li

Forme
prodotte

Formaggio prodotto
Q.li

1869

272

           195.922

             33.778

          10.133

1953

n.d

        1.700.000

           425.000

        127.500

2023

77

        6.172.117

        1.217.380

        492.436

Fonte dei dati:

1869 – Bollettino del Comizio Agrario del circondario di Reggio Emilia – Anno v. dicembre 1872 – numero 6 – Risposta della Presidenza alla circolare ministeriale n. 193

1953 – Elaborazione sui dati illustrati dal Prof. Folloni, Ispettore compartimentale della regione Emilia-Romagna pubblicati sulla “Gazzetta Agricola” del 23 novembre 1953 – n° 67.

2023 – Elaborazione su dati del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano (sito web)

Per fare considerazioni sui i dati della produzione di formaggio su un periodo di oltre 150 anni si dovrebbero analizzare molte variabili, dalle tantissime innovazioni tecnologiche alle evoluzioni socio-economiche, però qualche riflessione si può fare.

L’incremento produttivo dal 1869 al 1953 (aumento di 12 volte) è avvenuto in totale assenza di una normativa sulla tipicità e senza dubbio l’applicazione delle conoscenze in campo tecnologico hanno avuto un peso importantissimo. Il formaggio dell’800 non era come quello di oggi, ad esempio, per conferire il colore giallo si aggiungeva lo zafferano, le quantità di latte erano talmente modeste che in quasi tutti i caseifici il formaggio si faceva con il latte di due e più giorni, le bacinelle di affioramento erano di legno, il siero innesto, per migliorare la qualità del formaggio e ridurre gli scarti (si dice superiori al 20%) viene adottato solo al nei primi anni del ‘900.

La produttività era bassissima tenuto conto che il 60% della popolazione della provincia, ca. 250 mila persone sulla base del censimento del 1871, era dedita alla attività agricola.

In 160 anni la popolazione è raddoppiata ma il prodotto è aumentato di 50 volte e solo il 3% della popolazione è oggi dedita ad attività agricole.

Dal 1953 l’aumento della produzione è di quasi 4 volte ed è avvenuto in un periodo di regolamentazione della tipicità, forse, il formaggio ha caratteristiche simili, ma il sistema produttivo è completamente cambiato, dall’allevamento al caseificio. Le vacche del ’53 producevano sui 33 q.li di latte oggi si passano i 100 q.li. Nella sola provincia di Reggio Emilia poco meno di 200 allevatori producono il 70 % dei 6 milioni di q.li di latte. Oggi il formaggio si produce tutto l’anno, il 50% dell’alimento è rappresentato da mangimi concentrati le cui materie prime sono quasi tutte importate, i prati polifiti sono stati sostituiti da erbai ad elevata produzione. I caseifici di oggi non sono certo quelli degli anni ’50. Mediamente un caseificio produce 55 forme al giorno, ma ce ne sono di quelli che ne producono più di 150. I magazzini sono tutti dotati di impianti di condizionamento, le vasche per la salamoia sono del tipo ad immersione totale della forma, la pulizia delle forme è completamente robotizzata.

In questi ultimi anni il sistema di vendita porzionato è stato completamente rivoluzionato da macchine che sono in grado di porzionare il prodotto in confezioni di qualche etto (200-300 gr) è la tradizionale “punta” da chilogrammo è praticamente sparita dai supermercati che si trovano fuori dalla zona tipica.

La crescita a dir poco esponenziale è stata possibile, solo perché anziché fare riferimento al know-how tradizionale si è fatto leva sulla modifica continua e costante delle norme (disciplinari) sulla base delle esigenze del mercato in sfregio alla tipicità del prodotto e dei sistemi di produzione.

Veniamo ora al motto del Grana Padano: “Da quasi mille anni abbracciano i valori italiani”.

In questo caso le osservazioni a carattere storico sono importanti. A quale Italia si riferisce l’anonimo estensore della frase? Non certamente a quella di Roma, la caduta dell’Impero Romano d’occidente è datata 476 d.c. e da allora fino al 1861 è difficile parlare d’Italia. Il Grana Padano viene prodotto nelle regioni del nord, Piemonte, Lombardia (una parte) Veneto, Trentino ed Emilia Romagna (una parte) come fa la produzione del Grana Padano ad abbracciare i valori del resto dell’Italia.

Se i “valori” non sono quelli che si basano sul territorio si fa forse riferimento a quelli etici e morali? Anche in questo caso l’italianità è piuttosto lacunosa e carente. Fino allo scisma luterano del 1521 la chiesa di Roma non era certo esempio di virtù. Papi e cardinali si comportavano peggio di certi monarchi guerrieri. Solo il grande monachesimo francescano e benedettino hanno saputo tener fede al messaggio evangelico. In epoche più recenti le grandi rivoluzioni, dalla dichiarazione d’indipendenza delle colonie americane, la rivoluzione francese del 1789 e quella russa del 1917 hanno completamente rimodellato valori etici, morali e sociali della nostra società. Tutti questi movimenti di italiano hanno ben poco.

Il motto del Grana Padano, non essendo definito è pertanto ambiguo e inconsistente, una pura e semplice campagna di marketing.

Se si fa un “viaggio nel passato” sulla base di notizie falsificate e non vere quale mai potrà essere il futuro !!.

Prospetto: Confronto delle caratteristiche qualitative e produttive dei due formaggi “grana” riconosciuti dal DPR 1269 del 1955

Aspetti quali-quantitativi

Parmigiano-Reggiano

Grana Padano

Caratteristica

Formaggio semigrasso a pasta dura, cotta ed a lenta maturazione, prodotto con coagulo ad acidità di fermentazione, dal latte di vacca, proveniente da animali, in genere, a periodo di lattazione stagionale, la cui alimentazione base è costituita da foraggi di prato polifita o di medicaio.

Formaggio semigrasso a pasta dura, cotta ed a lenta maturazione, prodotto con coagulo ad acidità di fermentazione, da latte di vacca la cui alimentazione base è costituita da foraggi verdi o conservati,

Mungitura

Viene impiegato il latte delle mungiture della sera e del mattino, riposato e parzialmente scremato per affioramento.

proveniente da due mungiture giornaliere riposato, e parzialmente scremato per affioramento

Periodo di produzione

Si fabbrica nel periodo compreso tra il 1° aprile e l’11 novembre

Si fabbrica tutto l’anno

Cagliatura e salatura

La cagliatura è effettuata con caglio di vitello. Non è ammesso l’impiego di sostanze antifermentative. Dopo qualche giorno si procede alla salatura, che viene praticata per 20-30 giorni

Non indicato

Maturazione

La maturazione è naturale e deve protrarsi almeno fino al termine dell’estate dell’anno successivo a quello di produzione,

La maturazione naturale viene effettuata conservando il prodotto in ambiente con temperatura da 12 a 22 °C

Resistenza alla maturazione

per quanto la resistenza alla maturazione sia anche superiore

Da uno a due anni

Utilizzo

Il formaggio stagionato è usato da tavola o da grattugia e presenta le seguenti caratteristiche

Formaggio da tavola o da grattugia

Forma

Forma cilindrica a scalzo leggermente convesso o quasi dritto con facce piane leggermente orlate

Forma cilindrica a scalzo leggermente convesso o quasi dritto con facce piane leggermente orlate

Dimensioni forma

Diametro da 35 a 45 cm, altezza dello scalzo da 18 a 24 cm.

Diametro da 35 a 45 cm: altezza dello scalzo da 18 a 25 cm. Con variazioni per entrambi in più o meno, in rapporto alle condizioni tecniche di produzione

Peso

Peso minimo della forma kg. 24.

Peso da 24 a 40 kg. Per forme. Nessuna forma deve avere un peso inferiore a kg 24.

Confezione esterna

Tinta scura ed oleatura

Tinta scura ed oleatura

Colore della pasta

Da leggermente paglierino a paglierino

Bianco o paglierino

Aromi e sapori

Aroma e sapore della pasta caratteristici: fragrante, delicato, saporito ma non piccante

Aroma e sapore della pasta caratteristici: fragrante e delicato.

Struttura della pasta

Struttura della pasta: minutamente granulosa, frattura a scaglia; occhiatura minuta, appena visibile.

Struttura della pasta: finemente granulosa, frattura radiale a scaglia; occhiatura: appena visibile.

Spessore della crosta

Spessore della crosta: circa 6 mm

Spessore della crosta: da 4 a 8 mm.

Grasso sulla sostanza secca

Grasso sulla sostanza secca: minimo 32%

Grasso sulla sostanza secca: minimo 32%

Zona di produzione

Zona di produzione: territori delle provincie di Bologna, alla sinistra del fiume reno, Mantova alla destra del fiume Po, Modena, Parma e Reggio Emilia

Zona di produzione: territorio delle provincie di Alessandria, Asti, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova a sinistra del Po, Milano, Pavia, Sondrio, Varese, Trento, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, Bologna a destra del fiume Reno, Ferrara, Forlì, Piacenza e Ravenna,