I talebani
hanno conquistato con le armi il governo dell’Afganistan. Per questa guerra
durata quasi 20 anni può valere la frase scritta da Papa Benedetto XV nella
lettera del 1° agosto 1917 ai Capi dei popoli belligeranti: “…. di
giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale,
ogni giorno più, apparisce inutile strage.” https://www.vatican.va/content/benedict-xv/it/letters/1917/documents/hf_ben-xv_let_19170801_popoli-belligeranti.html
Non voglio
entrare nel merito del conflitto afgano, scrissi un post nel lontano 2009. Vi
consiglio di leggerlo perché credo di aver ben sintetizzato quanto accadeva e
quello che è avvenuto. In tutto questo tempo le forze occidentali non hanno
saputo o voluto risolvere i problemi che avrebbero potuto modificare il
contesto globale per una vera svolta socio-economica del paese. (leggi il post: http://www.nuovaetica.info/2009/09/una-preghiera-per-i-soldati-morti-nel.html
)
Nel
riflettere su questo evento mi sono posto un quesito su un argomento molto
delicato, forse non esiste una risposta perché sono tanti gli aspetti etico e
sociali da prendere in considerazione.
La
religione praticata può influire sulla ricchezza e il benessere delle nazioni e
dei suoi abitanti?
Per
rispondere ho seguito un approccio metodologico molto pragmatico, illustrato nel
post precedente, spero di non essere frainteso nel rispondere alla domanda perché
ho un assoluto rispetto dei credenti, dei non credenti e degli atei.
Le
elaborazioni fatte riguardano due variabili quantitative, il PIL e la
popolazione, e due variabili qualitative, la religione e il livello di reddito.
Il PIL è un
indicatore soggetto a tante osservazioni e critiche ma, proseguendo nel
pragmatismo, faccio mio il detto di mia nonna: “I soldi non fanno la felicità
ma calmano i nervi”…
Si tenga
presente che il PIL corrisponde al “prodotto lordo” ottenuto da tutte le
attività produttive di una nazione, è l’ammontare di danaro che ci permette di prendere
delle decisioni su come e dove destinare le nostre risorse in funzione di
obiettivi e strategie. Un parte va in consumi, un’altra in investimenti e un’altra
ancora in welfare e così via.
Alcuni dati.
Il PIL
mondiale nel 2019 (a valori costanti $ 2010) è pari a quasi 85 trilioni ($84.965.800.000.000).
Il PIL degli USA è di 18,3 trilioni, il 21,06% del totale; il PIL della Cina è
di 11,5 trilioni pari al 13,6%.Il PIL di alcune nazioni dell’Europa, Germania,
Francia, Italia e Regno Unito, rispetto al totale è rispettivamente pari a 4,6%
(Germania), 3,5% (Francia), 2,5% (Italia) e 3,4% (Regno Unito). Il PIL della
super potenza Russia è pari al 2,1 % del totale.
Il numero
di abitanti è un altro parametro quantitativo molto importante. Sulla base dei
dati della World Bank (WB) nel 2019 la popolazione mondiale ha raggiunto i 7,67
miliardi. Il 18,2% sono cinesi, la popolazione degli USA pari a poco più di 328
milioni rappresenta il 4,3% del totale.
Utilizzando
le 4 variabili sopra elencate sono state redatte due serie di tabelle, nella
prima si riporta popolazione e PIL per religione, nella seconda serie viene
preso in considerazione anche il livello di reddito con il quale la WB
classifica le nazioni.
Le Tabelle
1a e 2a riportano i valori assoluti delle elaborazioni fatte per i due periodi analizzati,
i trienni 2017-2019 e 1999-2001. Un a prima considerazione degna di nota in 18
anni (2000 – 2018 anno centrali dei periodi) il PIL mondiale aumenta di quasi
33 trilioni di dollari (a valori costanti). La popolazione mondiale cresce di
ca. 1,4 miliardi di persone. La maggior parte delle nazioni, 83 su 177 sono
classificate come cristiane, 33 sono classificate come Senza religione
ufficiale. Le nazioni islamiche sono 37. A seguire quelle buddiste ed induiste
10, quelle con religione politica 5 quelle non classificabili 4 ed una sola è
di religione ebraica. Le considerazioni su Israele devono per ovvie ragioni
tener conto di tale unicità.
I dati
presenti nella tabella 2a mettono in evidenza che 103 nazioni su 177 sono
comprese tra quello ad alto reddito o comunque con una capacità di reddito superiore
alla media. In riferimento alla religione cristiana le nazioni, dei due gruppi precedentemente
citati, rappresentano il 70% in termini numerici, il 67% della popolazione e
ben il 97% del PIL rispetto al totale di tutte le nazioni cristiane.
Per le
nazioni appartamenti alla religione islamica si realizza una situazione molto
meno definita ben 21 nazioni su 37 sono comprese nelle nazioni con livello di
reddito basso e inferiore alla media; popolazione pari all’81% e PIL pari al 47%
rispetto al totale del gruppo delle nazioni islamiche.
L’ammontare
del PIL e della popolazione, come si può osservare nelle tabelle 1b e 2b, non è
certamente distribuito in modo omogeneo.
Analizzando
la tabella 1b si può facilmente rispondere che la religione è un indicatore della
ricchezza. I dati mostrerebbero che, fatta eccezione per lo stato di Israele,
tanto più la religione è alla base dei rapporti sociali tanto meno si è in grado
di creare ricchezza.
Si potrebbe
concludere che la religione è una componente della società che limita lo
sviluppo delle nazioni.
Gli stati
senza religione ufficiale hanno raggiungono il PIL pro-capite decisamente più
elevato. Tra queste nazioni sono compresi gli USA che hanno un peso economico
elevatissimo. Se dalla elaborazione si sottrae il PIL degli USA si ottiene una
riduzione del PIL pro-capite di ca. 10.000 dollari e ciononostante questo
gruppo di nazioni mantiene il primato della ricchezza.
Nel periodo
2019-2017 nelle nazioni nelle quali si pratica la religione islamica il PIL
pro-capite è più di 3 volte inferiore a quello delle nazioni cristiane e i ben
6 volte inferiore a quello delle nazioni Senza religione ufficiale.
Il PIL pro-capite
dell’Afganistan nel 2019 (nazione non compresa nelle elaborazioni perché non ci
sono dati economici per il triennio 1999-2001) è tra i più bassi del mondo pari
a $ 573,29. L’Iran che vorrebbe detenere un ruolo egemonico ha un PIL pro-capite
di poco superiore ai 5.900 dollari quindi ben lontano dalla media mondiale e
poco superiore alla media delle nazioni islamiche. Afganistan e Iran sono delle
teocrazie pertanto credo sia lecito chiedersi se la loro bassa capacità di
generare ricchezza è condizionata dall’atteggiamento vessatorio delle nazioni occidentali
oppure dalla religione che condiziona ogni aspetto della società, dai processi
innovativi di tipo tecnologico alla istruzione.
La libertà
di culto, anche se in presenza di alcuni condizionamenti, è senz’altro un
diritto fondamentale nelle nazioni Senza religione ufficiale e in quelle a
religione Cristiana. Nel triennio 2017-2019 queste nazioni hanno il 36,3% della
popolazione e il 70% del PIL mondiale. Nel triennio precedente questi due
gruppi di nazioni avevano il 37,1% della popolazione, quindi poco più del triennio
2017-2019, e ben il 84,1% del PIL.
Integrando
le informazioni contenute nella tabella 1b con quelle della tabella 1c si può
concludere che nel periodo le nazioni appartenenti ad alcune religioni hanno
conseguito dei considerevoli aumenti di PIL.
Ad esempio
le 5 nazioni a Religione politica sono i colossi asiatici Cina e Korea del Sud.
In 18 anni il loro PIL è triplicato.
La crescita
più contenuta si realizza nelle nazioni cristiane in cui il PIL complessivo aumento
solo del 35,5% e quello pro-capite di poco più del 8,2%.
L’entità
della crescita del PIL delle nazioni appartenenti alle differenti religioni è
altresì messo in evidenza dal tasso di variazione medio annuo.
La
riduzione dei tassi di crescita nei paesi Senza religione ufficiale può essere
dovuto al fatto che partendo da livelli tanto elevati risulta più difficile continuare
nella crescita. In poche parole con un esempio, se non sono allenato ci impiego
un’ora a fare di corsa un tratto di 6 km, con un po' di allenamento in un mese poi
posso arrivare a metterci solo 45 minuti. Per diventare più veloce ed impiegare
solo 30 minuti dovrò allenarmi duramente e forse ci metterò 6 mesi e al termine
del periodo non sono sicuro di aver raggiunto l’obiettivo sperato.
Più difficile
è spiegare il basso tasso di crescita delle nazioni cristiane. La nostra “visione
del mondo” forse condizionata dal nostro credo religioso potrebbe aver avuto
come conseguenza la cauta accettazione di tutte le opportunità offerte dalla
globalizzazione. La religione ci ha reso più conservatori e quindi ci siamo
accontentati di quello che avevamo. Forse un po' inconsciamente ci siamo comportati
in modo “cristiano”. Queste considerazioni contengono veramente molti “forse”,
me ne rendo conto. Affermare che la religione condiziona la sviluppo economico
è un ragionamento veramente provocatorio.
Per verificare
la risposta al mio quesito ho integrato le informazioni presentate con la
seconda variabile qualitativa rappresentata dal livello reddito indicato nelle
analisi della WB. Ho redatto le tabelle 2b e 2c.
La buona performance
di crescita delle nazioni islamiche, vedi tabella 2c, è anche dovuta al fatto
che il livello di partenza era decisamente basso.
Le nazioni
appartenenti alle altre religioni hanno comunque realizzato performance di
crescita molto buoni anche se i livelli del PIL pro-capite sono ben più bassi
rispetto alle nazioni Senza religione ufficiale.
La
popolazione delle nazioni a basso reddito, (Lower middle income e Low income), è
il 50,2% del totale della popolazione mondiale ma produce solo il 9,7% del PIL
mondiale (tabella 2b). La popolazione delle nazioni Senza religione ufficiale dei
due gruppi reddituali è pari al 25% e il PIL è l’1,9% del totale, quindi anche
queste nazioni soffrono per la povertà. Come si può verificare dal prospetto classificatorio
con l’elenco delle nazioni le nazioni di questi gruppi vivono situazioni molto
complesse per le quali certe “etichette” sono decisamente improprie. (Federated States of Micronesia,
Plurinational State of Bolivia, Republic of Cameroon, Republic of Nicaragua, Republic
of Niger, Republic of Senegal, Republic of Sierra Leone, Republic of the
Philippines, Socialist Republic of Vietnam, The Independent State of Papua New
Guinea).
La sfida
delle generazioni future è quella di elaborare politiche economiche e sociali in
grado di ridurre sia le diseguaglianze tra le nazioni, sia quelle nelle nazioni,
ma dopo questa lunga disamina sui dati concludo, pur tra dubbi e incertezze, che
la religione, quando permea in modo rilevante la società civile, può diventare una
componente di freno allo sviluppo e quindi fattore che accentua la disuguaglianza.