Le
ragioni delle dimissioni sarebbero i 3 miliardi di euro che il Ministro
Fioramonti voleva mettere tra le spese del bilancio a favore di scuola,
università e ricerca.
A
copertura di questo budget, nuove tasse. L'economista "della
decrescita" non ha escogitato nulla di poi tanto originale!
Questo
è quanto accade ogni giorno nella pubblica amministrazione, ogni progetto non
prende minimamente in considerazione se è possibile mobilitare risorse senza gravare
sul bilancio dello stato, della regione, della provincia e del comune.
Per
la ricerca e l'Università si potrebbe fare molto, moltissimo a costo
"zero".
La
gestione della ricerca è gravata da una tale burocrazia che sono pochissime le
imprese che decidono di finanziare o cofinanziare importanti progetti di
ricerca. Le convenzioni che vengono pattuite, nella maggior parte dei casi,
prevedono il trasferimento di fondi dal privato all'università e conseguentemente
la responsabilità della gestione amministrativa è della struttura di ricerca
con tutti i lacci e laccioli della italica burocrazia.
Tutti
questi vincoli fanno sì che le fonti del finanziamento della ricerca in Italia
si basa prevalentemente su finanziamenti pubblici ad un livello assai inferiore
rispetto alle nazioni con le quali dobbiamo competere (dati OCSE).
Sono
convinto che se si riformassero le modalità con le quali le imprese possono
finanziare la ricerca si genererebbe un flusso di capitali rilevantissimo. La
condizione è quella di una gestione manageriale della ricerca in ambito
universitario.
Si
dovrebbe dar luogo ad una vera "autonomia" liberalizzando l'intera
attività di ricerca.
Tre
esempi possono dimostrare le ragioni del modesto finanziamento privato della
ricerca.
Primo.
Le
imprese possono finanziare borse di studio per il dottorato di ricerca. Bene.
Questi soldi vengono incamerati dall'Ateneo e a questo punto per assegnare la
borsa è necessario emettere un bando con tutto ciò che potete ben immaginare, scartoffie
e burocrazia. Il tutto viene fatto sulla base del principio che in quanto fondi
pubblici la borsa può essere assegnata solo sulla base di un concorso pubblico,
e quindi al più "meritevole". Tutto giusto, ma sulla carta, perché
sappiamo perfettamente che se vogliamo realizzare un progetto nei tempi e nei
modi previsti abbiamo bisogno di uno dottorando bravo e capace e ce lo possiamo
scegliere come fanno tutte le aziende quando hanno bisogno di un dipendente
bravo per una determinata mansione.
Si
può ovviamente sbagliare, a quel punto si dice, mi dispiace ma non sei
all'altezza e si sceglie qualcun altro.
Secondo.
In
ambito universitario, si possono stipulare convenzioni di ricerca ad interesse
prevalente per il committente. Queste convenzioni sono gestite con modalità
differenti tra gli Atenei, ma tutte prevedono la determinazione di un utile che
deve essere pari ad una quota percentuale dell'ammontare del progetto. L'utile,
pertanto, per il committente rappresenta un costo. L'ammontare dell'utile viene
ripartito tra molte "figure", una quota a chi ci lavora direttamente,
responsabile della ricerca e i suoi diretti collaboratori, e una quota che
viene invece destinata, con modalità differenti, a tutto il personale tecnico
amministrativo.
Questo
sistema è di tipo "Ancien Régime" perché si basa sul principio di equa
ripartizione di risorse che in realtà non è altro che il risultato di una azione
lobbistica sindacale.
Terzo
Tutte
le spese previste dal progetto, quelle di funzionamento o per eventuali investimenti,
sono soggette alle norme della contabilità della pubblica amministrazione,
insomma un mare di burocrazia da far tremare i polsi a chiunque.
Ieri
il premier Conte, durante la conferenza stampa di fine anno, ha dichiarato che
ci sarà un Ministro per l'Università e la ricerca scientifica.
Il lavoro
non gli mancherà perché se vorrà fare veramente il bene del paese e degli
studenti deve liberalizzare, liberalizzare e liberalizzare.
Il
cambiamento che tutti noi invochiamo abbia inizio dall'Università.
Basta
con la burocrazia asfissiante.
Basta
con i concorsi pubblici che non premiano certamente i migliori.
Basta
con una ricerca auto referenziata che ha l'unico scopo di ottenere "score"
vantaggiosi ai fini carrieristici.
Basta
con regole di accesso ai giovani sempre più penalizzanti e frustranti.
Basta
con percorsi didattici 3+2 fatti di una infinità di regole che di fatto
impediscono la mobilità degli studenti e creano "gabbie" culturali.
Le
prime dichiarazioni del Ministro Gaetano Manfredi (già Presidente della
Conferenza delle Università Italiane – CRUI) non lasciano ben sperare perché già
si lamenta dei pochi soldi a disposizione e quindi vuole "battere
cassa". Speriamo che cambi registro, la speranza è sempre l'ultima a
morire.