Poco più di 10 anni fa Berlusconi prometteva che Alitalia
sarebbe stata nuovamente competitiva. Un gruppo di imprenditori amanti
dell'italianità avrebbero destinato proprie importanti risorse economico-finanziarie e i cieli di tutto il mondo sarebbero stati solcati dagli aerei con il
tricolore.
L'operazione è stata un fallimento totale, soldi dalla
cordata di imprenditori pochi, piano economico finanziario carente, progetto
industriale basato sul presupposto di potenziare i collegamenti in Italia proprio
nel momento in cui si dimostrava che il collegamento ferroviario tra il nord e
il centro Italia era molto più conveniente.
A distanza di 10 anni potenziare le linee ferroviarie con il
sud si dimostra altrettanto vantaggioso, quindi sono pochi i collegamenti arei
profittevoli, giusto quelli con le isole.
In 10 anni il mondo del trasporto aereo è cambiato radicalmente basta verificare le statistiche ufficiali, ampiamente disponibili in
rete.
Solo qualche numero, riferito al 2017, che dovrebbe far
riflettere.
In Italia i passeggeri trasportati sono stati quasi 180
milioni. Di questi 36 milioni sono stati trasportati da Ryanair con un amento
del 11% rispetto al 2016, Alitalia ha trasportato poco meno di 22 milioni di
passeggeri con un calo del 5 % rispetto al 2016, terzo vettore è Easyjet con
poco più di 16 milioni di passeggeri, aumentato del 10% rispetto al 2016.
La IATA documenta puntualmente la redditività del settore
che si colloca su percentuali significative che si aggirano, per le compagnie
europee sul 4-5%.
In un contesto così competitivo il rilancio di Alitalia e
costosissimo.
Impensabile competere sul corto raggio, le low cost
farebbero di Alitalia carne da macello. Espandersi sulle rotte di medio e lungo
raggio è possibile soprattutto se si attuano sinergie con il comparto
turistico. Per attuare un progetto simile ci vogliono risorse ingenti per
comprare aerei nuovi, grandi e efficienti. I soggetti coinvolti nella
"rinascita", Ferrovie e Cassa Depositi e Prestiti, hanno spalle così
robuste? Inoltre, qual'è la compagnia che rischia 4-5 miliardi di euro per avere solo il 49% delle quote azionarie. Inoltre, mi chiedo perché distogliere risorse importanti dai propri
settori strategici per dar vita ad una impresa con molti rischi e poche
certezze.
Da uno come Toni(nulla), che su questa vicenda sembra avere
le stesse idee del berlusca di 10 anni fa, si può aspettare di tutto. Alla
fine, pagheranno sempre gli italiani, i quali però dimostrano di avere la
memoria troppo corta…