Pochi sanno che dal 1° gennaio 2015, con l’approvazione
della legge finanziaria, è stato introdotto, come strumento di lotta all’evasione
fiscale lo “split payment” tradotto dai nostri burocrati “scissione del
pagamento”.
Di che cosa si tratta. Tutti coloro che forniscono beni e
servizi alle Pubbliche Amministrazioni (PA), emetteranno regolare fattura, ovvero
imponibile più IVA di legge, ma in fase di liquidazione la PA verserà al
fornitore solo l’imponibile mentre l’IVA confluirà in un fondo, appositamente
costituito, regolarmente gli importi versati andranno nelle casse dello Stato.
Questo “semplice” provvedimento ha conseguenze piuttosto
rilevanti sia per la sua natura “tecnica” sia per quanto riguarda l’impatto economico-finanziario.
Vediamo gli aspetti tecnici.
Le norme, non del tutto definite, ci sono ancora circolari
in essere (il che è tutto dire…) prevedono che il fornitore debba indicare in
fattura che l’IVA NON sarà riscossa in quanto il bene/servizio è stato ceduto
alla PA. In ogni caso la contabilità dovrà “quadrare” non si può lasciare una fattura
pagata solo in parte. Già questa è una complicazione di non poco conto.
Si dovrà “sistemare” anche la contabilità sul fronte IVA perché
il fornitore sarà creditore dei relativi importi.
Analoga complicazione contabile si verifica sul fronte della
PA. L’IVA non va al fornitore ma nell’apposito fondo, si devono cioè effettuare
delle “partite” di giro al fine di garantire le “quadrature” contabili e la
correttezza di tutte le operazioni.
Vediamo gli aspetti economico-finanziari
L’obiettivo del provvedimento è la lotta all’evasione. In
pratica la PA che spende miliardi e miliardi per beni e servizi vuole essere
sicura che tutta l’IVA versata torni nelle sue casse. Se tutti fossero onesti,
il provvedimento è inutile. La PA ha stimato che il provvedimento eviterà l’evasione
per un miliardo di euro, diciamocelo francamente, non sono noccioline. Mi
spiego meglio. Se l’IVA versata dalla PA per i pagamenti è pari a 100, in
realtà per via dell’evasione ecc. ne ritorna nelle casse dello Stato solo 90,
con lo “split payment” ritornerà tutta. La differenza e quindi la maggiore
entrata sarebbero appunto di un miliardo di euro.
Su questo nulla da dire.
Le operazioni contabili di cui sopra e i relativi controlli hanno
un costo e di questo non si è tenuto conto, ma l’aspetto più preoccupante
riguarda la modificazione dei flussi di cassa dei fornitori.
Gli incassi sono senza IVA e quindi la liquidità nel breve /
brevissimo si riduce perché per il fornitore gli acquisti sono gravati dall’IVA.
Le aziende vivono un momento congiunturale difficile con difficoltà di accesso
al credito a breve, questa situazione peggiora il quadro perché molto
probabilmente i tempi di “recupero” dell'IVA sono molto lunghi e quindi le aziende avranno maggiori oneri finanziari.
Sul “Corriere economia” di lunedì 16 febbraio i maggiori
costi sono quantificati in oltre 250 milioni di euro e questi sono a carico
delle imprese.
Nel breve periodo questo costo non sarà scaricato sulla PA,
ma nel giro di poco tempo i fornitori della PA aggiorneranno i listini dei
prezzi delle forniture con un risultato evidente di un aumento della spesa per
la PA.
Quale poteva essere un provvedimento virtuoso e forse ben
più efficace.
In un primo momento considerare le forniture alla PA come si
fa per l’export con paesi UE, l’IVA è a carico del paese importatore quindi
tutto è già chiaro e consolidato non si doveva introdurre nuovi “regolamenti”
adattamenti ecc.…
In un secondo momento si potrà introdurre la totale
esenzione del pagamento dell’IVA per le forniture alla PA.
Se nessun ci “marcia” l’IVA per gli acquisti della PA è solo
una partita di giro e allora perché non semplificare togliendola.
È ovvio che debbano essere individuate le PA da esentare e soprattutto
quali beni non devono essere assoggettati all’IVA.
Il principio per lo Stato dovrenne essere semplice se spendo meno devo incassare
di meno, questo genera un ciclo “virtuoso”.
Nel medio lungo periodo lo “split payment” diventerà l’ennesimo
balzello fatto solo di burocrazia a conferma della massima che sempre adotta lo
Stato e la PA: “Una cosa facile resa difficile mediante l’inutile”.
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