Sono nato nel giugno del 1954. La costruzione del “muro di Berlino” è uno dei pochi ricordi della prima infanzia. In quell’estate del 1961 ero a casa delle mie prozie a Basilea. Non avevano la televisione, ma una di quelle grandi radio a valvole, ci si sintonizzava sui canali ruotando una grossa manopola, la voce del cronista usciva da una potente cassa acustica. Le mie prozie ascoltavano molto preoccupate. La Svizzera era stata neutrale durante il secondo conflitto mondiale ma non per questo aveva patito disagi e sofferenze. La costruzione del muro poteva avere conseguenze serie, dicevano, e se gli alleati avessero reagito? Il muro era l’ennesima provocazione del regime sovietico al mondo occidentale e capitalista. Un anno dopo o poco meno ci sarebbe stata la “crisi di Cuba”. Il regime sovietico “giocava” pericolosamente per mettere alla prova i regimi democratici filo statunitensi.
Solo dopo tanto tempo leggendo l’opera di Churchill ho capito che si trattava di una pericolosa “schermaglia”, Stalin era uomo di parola ed aveva garantito agli alleati che in Europa non ci sarebbero state più guerre per almeno 50 anni.
E così è stato ed è.
L’utopia comunista, con la costruzione del muro, ha messo in evidenza tutti i suoi limiti, le sue mancanze, la sua incapacità a realizzare progresso e benessere generalizzato.
La costruzione del muro, oggi lo possiamo dire, segna l’inizio della caduta del comunismo. Ci sono voluti 28 anni per demolire il muro, non certo una notte.
L’anniversario del 9 novembre è un fatto puramente simbolico così come il 14 luglio è l’anniversario della Rivoluzione Francese. Il nostro modo di vivere a bisogno di queste ricorrenze, che in realtà sono un po’ banali e sciocche.
L’importante è tutto quello che c’è stato prima e ci sarà dopo.
Per Berlusconi il tempo non è passato. La sua propaganda più incisiva fa ancora leva sui “comunisti che mangiano i bambini”. Per lui il muro non è stato abbattuto è sempre lì a dividere i buoni, in questo caso i sui amici – alleati, dai cattivi, l’attuale PD erede dei comunisti, le toghe rosse, i giornalisti che si permettono di criticarlo, ecc… Agli italiani questo modo di ragionare piace, da, come dire delle certezze, un muro è qualche cosa che da solidità che serve per capire chi sta di qua e chi di la.
In tutto questo capite bene c’è la negazione della storia, non si vuol comprendere che le società si evolvono e che devono darsi sempre nuovi obiettivi per poter crescere e prosperare.
Fare riferimento a steccati e logiche del passato può essere anche vantaggioso ed il successo di Berlusconi ne è la dimostrazione, ma si corre il rischio di dover pagare il “conto” tutto in una volta, così come il muro di Berlino dopo 28 anni dalla sua costruzione è stato abbattuto in una sola notte.
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