In questi giorni fiumi d’inchiostro sulla “soluzione” del caso Alitalia, ma leggete con attenzione quanto scritto sui vari quotidiani e vi accorgerete che nel concreto non in si sa nulla di preciso.
Sappiamo degli esuberi e viene esposto un “business planning” che potrebbe fare chiunque. Se perdo 100 è ovvio che devo tagliare i costi, ad esempio di 70, ed aumentare le entrate di 30; infatti si taglia su personale ed aerei e poi li si fa volare di più.
Non credo che in un settore così delicato come quello del trasporto aereo sia semplice applicare delle “formulette” da ragioniere di campagna (senza offese per la categoria !!!).
Si parla tanto della tratta Roma – Milano e nessuno cita il fatto che tra pochi mesi sarà operativa la TAV della tratta Milano - Bologna e l’obiettivo e di completarla nei giro di pochi anni. I 500 Km si potranno percorrere in 3 ore, un tempo in “concorrenza” con l’aereo.
Il prezzo dei carburanti è senza dubbio “gonfiato” da situazioni congiunturali, in ogni caso rimarrà proporzionalmente elevato e chi ne pagherà le più immediate conseguenze è proprio il trasposto aereo, quindi le tariffe “stracciate” di questi ultimi anni potrebbero rimanere un ricordo ed il trasporto ferroviario potrà avere la sua “riscossa”.
Tutte le compagnie sono in difficoltà, come è possibile pensare che una “matricola” (in realtà sembra più il restyling di una vettura che ha avuto poco successo) possa emergere a mo di “araba fenice” ?.
Alle domande del post del 28 agosto non ci sono state al momento risposte e mi sa che dovremo aspettare a lungo.
Nel frattempo perdite su perdite.
La soluzione che avevo prospettato tanto tempo fa, è passato un anno e mezzo, è andata in porto solo parzialmente. Si è concretizzata una fusione Alitalia – AirOne, mentre la parte finanziaria di Unicredit è stata sostituita dalla “cordata” del CAI (Club alpino Italiano, ops !!, mi sono sbagliato Cai, lo scrivono così, forse ci potrebbero essere problemi di copyright !!).
Il ruolo di Banca Intesa è invece assai chiaro.
Ricordo che servono comunque quasi 3 miliardi di euro ca.: 1,5 miliardi per far “decollare” la nuova Alitalia e poi 0,7 miliardi di euro per pagare le obbligazioni scadenza 2010 (a meno che questa non rimanga nella parte cattiva, ma non è facile…) e poi assorbire le previste perdite prima di tornare in attivo.
Qualunque imprenditore con un piano così “fallisce”.
Berlusconi ha mantenuto la “promessa” agli elettori creduloni, ed ha convinto la “cordata” che a pagare saranno comunque i contribuenti.Questa è una “vittoria” del Premier ed una ennesima sconfitta degli italiani.
Questo blog è il mio diario pubblico sui vari fatti che si verificano tutti i giorni nella nostra società e sui quali ho delle opinioni che difficilmente riscontro negli altri. E’ firmato Napoleone per l’ammirazione al personaggio. Il quadro che lo ritrae non è casuale, è stanco, affranto. Ha firmato l'abdicazione a Fontembleau e lo porterà all'esilio all'Elba. La Rivoluzione Francese senza Napoleone sarebbe rimasta “incompiuta”. È lui che riesce dare “forma” agli ideali della Rivoluzione.
domenica, agosto 31, 2008
giovedì, agosto 28, 2008
Soluzione Alitalia: poveri noi !!!!
Sono stato assente dall’Italia per qualche giorno, non ho letto i giornali e dal telegiornale ho appreso che il “caso” Alitalia è stato risolto, ecco come:
- Si devono “rifare” due leggi;
- La cordata di una decina di “milionari” ha fondato una società versando quote di qualche migliaio di euro e l’ha chiamata se non ho capito male “Compagnia Aerea Italiana” (C.A.I ?, per una "cordata" un nome niente male vero ? !!);
- La CAI acquisterà la parte “buona” di Alitalia;
- La CAI acquisterà “AirOne”;
- La parte “cattiva” di Alitalia resta allo Stato
A questo punto sapete rispondere a queste domande:
- Qual è la parte “buona” di Alitalia ?;
- Il Tesoro detiene il 49,9 % delle azioni, quindi la parte “buona” del 50,1 % è degli azionisti;
- Quanti sono i debiti della parte “cattiva” ?;
- l prestito obbligazionario con scadenza 2010 chi lo paga?
Vedremo.
Ecco un concentrato dei mali dell’Italia.
lunedì, agosto 18, 2008
Cronaca di un viaggio. Nota 2: centrali eoliche ferme
Durante un viaggio ci si guarda attorno. Erano alcuni anni che non percorrevo la costa Adriatica e sono rimasto favorevolmente sorpreso dal rilevante numero di pale eoliche installate.
Mi è venuto in mente un viaggio fatto nel lontano 1994 in California (USA) e già a quei tempi intere colline erano “coperte” dalle pale eoliche.
Io non sto a disquisire sull’impatto ambientale, del bello – brutto, fanno rumore, ecc. ho constato che erano tutte ferme anche se il vento era decisamente sostenuto.
Erano ferme in Puglia, in Basilicata e in Calabria.
Mi è venuto in mente un viaggio fatto nel lontano 1994 in California (USA) e già a quei tempi intere colline erano “coperte” dalle pale eoliche.
Io non sto a disquisire sull’impatto ambientale, del bello – brutto, fanno rumore, ecc. ho constato che erano tutte ferme anche se il vento era decisamente sostenuto.
Erano ferme in Puglia, in Basilicata e in Calabria.
Ho letto di recente il bellissimo libro di Leonardo Maugeri “Con tutta l’energia possibile” – Sperling & Kupfer – 2008 e quindi ricordavo che l’Italia in fatto di energia eolica non era messa male.
Sono andato a rivedere i dati. Situazione al 2006, potenza installata 2,1 Gigawatt, siamo settimi al mondo. La prima è la Germania che ha una potenza installata 10 volte la nostra. Maugeri riferisce che la spesa per la costruzione di impianti superiori al Megawatt è di ca. 1.000 – 1.200 dollari per Kwatt. Se fate un po’ i calcoli la spesa sostenuta dall’Italia sarebbe tra 1,5 e 1,8 miliardi di euro. Mica poco !!! E il fatto di tener ferme le pale non sarebbe giustificato.
Ho fatto una piccola “indagine” in loco con scarsi risultati anche se mi è stato riferito che c'è mezzo la magistratura per via di ricorsi su questo e su quello non ultimo intrallazzi economici con la malavita organizzata. Insomma siamo alle solite !!!
Rientrato a casa ho fatto una “veloce” ricerca su Internet anche in questo caso il risultato non è stato positivo, fatto salvo un articolo di Paolo Granzotto sul “Giornale” che denuncia gli “intrallazzi” tra le amministrazioni locali e la Regione Puglia. L’articolo mette anche in evidenza la necessità di avere “certificati verdi” indipendentemente dal fatto che le centrali funzionino o no.
E questo ragionamento è in sintonia con quanto evidenziato da Maugeri in relazione al fatto che la resa in energia delle centrali eoliche è bassa inferiore al 40% della potenza installata. I costi di gestione delle pale sarebbero molto bassi, ma comunque il costo dell’energia elettrica prodotto dalle centrali eoliche sarebbe maggiore rispetto a quello prodotto da centrali tradizionali.
Questi elementi potrebbero spiegare la situazione.
Al di la delle scartoffie, denunce, ricorsi, ecc, sono stati spesi tanti soldi per la costruzione delle centrali eoliche, poi in realtà nessuno ha interesse che queste producano energia perché ci si perde ed allora teniamole ferme !!!. Senz’altro il problema dei certificati verdi sarà stato in qualche modo “aggirato” e forse è proprio su questo argomento che c’è puzza di bruciato.
Chissà se ci sono in giro “certificati verdi” che fanno riferimento allo potenza installata e non a quella effettivamente prodotta, mah !!!!
Se c’è qualcuno che ne sa scriva …
Sono andato a rivedere i dati. Situazione al 2006, potenza installata 2,1 Gigawatt, siamo settimi al mondo. La prima è la Germania che ha una potenza installata 10 volte la nostra. Maugeri riferisce che la spesa per la costruzione di impianti superiori al Megawatt è di ca. 1.000 – 1.200 dollari per Kwatt. Se fate un po’ i calcoli la spesa sostenuta dall’Italia sarebbe tra 1,5 e 1,8 miliardi di euro. Mica poco !!! E il fatto di tener ferme le pale non sarebbe giustificato.
Ho fatto una piccola “indagine” in loco con scarsi risultati anche se mi è stato riferito che c'è mezzo la magistratura per via di ricorsi su questo e su quello non ultimo intrallazzi economici con la malavita organizzata. Insomma siamo alle solite !!!
Rientrato a casa ho fatto una “veloce” ricerca su Internet anche in questo caso il risultato non è stato positivo, fatto salvo un articolo di Paolo Granzotto sul “Giornale” che denuncia gli “intrallazzi” tra le amministrazioni locali e la Regione Puglia. L’articolo mette anche in evidenza la necessità di avere “certificati verdi” indipendentemente dal fatto che le centrali funzionino o no.
E questo ragionamento è in sintonia con quanto evidenziato da Maugeri in relazione al fatto che la resa in energia delle centrali eoliche è bassa inferiore al 40% della potenza installata. I costi di gestione delle pale sarebbero molto bassi, ma comunque il costo dell’energia elettrica prodotto dalle centrali eoliche sarebbe maggiore rispetto a quello prodotto da centrali tradizionali.
Questi elementi potrebbero spiegare la situazione.
Al di la delle scartoffie, denunce, ricorsi, ecc, sono stati spesi tanti soldi per la costruzione delle centrali eoliche, poi in realtà nessuno ha interesse che queste producano energia perché ci si perde ed allora teniamole ferme !!!. Senz’altro il problema dei certificati verdi sarà stato in qualche modo “aggirato” e forse è proprio su questo argomento che c’è puzza di bruciato.
Chissà se ci sono in giro “certificati verdi” che fanno riferimento allo potenza installata e non a quella effettivamente prodotta, mah !!!!
Se c’è qualcuno che ne sa scriva …
domenica, agosto 17, 2008
Cronaca di un viaggio. Nota 1: le bellezze
Ho attraversato 3 regioni Puglia, Basilicata e Calabria. Non posso affermare di averle visitate perché ci vorrebbero mesi per ciascuna di queste splendide regioni. Testimonianze storiche ed artistiche sono sparse ovunque, impronte indelebili di un passato che oggi non conosciamo, oppure sono pochi quelli che guardando alle meraviglie del passato vogliono costruire il presente perché vi possa consegnare qualcosa di positivo al futuro.
Solo poche immagini di tanto splendore: Castel Del Monte ad Adria che anche se riprodotto sulla più umile delle nostre monete (1 cent di Euro) chissà da quanti è totalmente ignorato. Il ponte romano a Gravina di Puglia nell’immagine è possibile vedere lo scempio di una scritta. Una visione notturna dei “Sassi di Matera” un tempo la “vergogna d’Italia” ma che oggi ci testimoniano la “saggezza” degli uomini di un tempo che in condizioni ambientali difficili sono stati capaci di realizzare una città fiorente ed operosa.
Guardate questa immagine, tutto pare caotico, eppure le linee discendenti ed ascendenti delle strade, la contrapposizione di volumi irregolari di case grandi e piccole, gli spazi “vuoti - pieni” tra le case, di danno una visone organica e completa della città di un tempo.
Matera è stata ricostruita, ma i quartieri “nuovi” sono anonimi e banali, case concepite per ambienti differenti. Se oggi le case sono più “sane” rispetto ai “sassi” paiono ben più degradate di quelle che la gente è stata costretta ad abbandonare negli anni ’50.
Le “Tavole Palatine” a Metaponto testimonianza dell’importanza della colonia greca di 2600 anni fa
I boschi della “Sila piccola” ed il lago “Ampollino”. Scenari stupendi in un contesto territoriale di pregio.
La “Colonna” di “Capo Colonna” a Crotone. Un mare cristallino
Consulta l'album
Solo poche immagini di tanto splendore: Castel Del Monte ad Adria che anche se riprodotto sulla più umile delle nostre monete (1 cent di Euro) chissà da quanti è totalmente ignorato. Il ponte romano a Gravina di Puglia nell’immagine è possibile vedere lo scempio di una scritta. Una visione notturna dei “Sassi di Matera” un tempo la “vergogna d’Italia” ma che oggi ci testimoniano la “saggezza” degli uomini di un tempo che in condizioni ambientali difficili sono stati capaci di realizzare una città fiorente ed operosa.
Guardate questa immagine, tutto pare caotico, eppure le linee discendenti ed ascendenti delle strade, la contrapposizione di volumi irregolari di case grandi e piccole, gli spazi “vuoti - pieni” tra le case, di danno una visone organica e completa della città di un tempo.
Matera è stata ricostruita, ma i quartieri “nuovi” sono anonimi e banali, case concepite per ambienti differenti. Se oggi le case sono più “sane” rispetto ai “sassi” paiono ben più degradate di quelle che la gente è stata costretta ad abbandonare negli anni ’50.
Le “Tavole Palatine” a Metaponto testimonianza dell’importanza della colonia greca di 2600 anni fa
I boschi della “Sila piccola” ed il lago “Ampollino”. Scenari stupendi in un contesto territoriale di pregio.
La “Colonna” di “Capo Colonna” a Crotone. Un mare cristallino
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sabato, agosto 16, 2008
Dopo ferragosto i problemi di sempre, uno a caso: inflazione.
Nel post di ieri ho citato lo studio di Ronald Trostle Global Agricultural Supply and Demand: Factors Contributing to the Recent Increase in Food Commodity Prices pubblicato nel maggio del 2008 dall’USDA (United States Department of Agriculture). Sono 30 pagine assai interessanti ricche di dati e di analisi scritte nell’asciutto e concreto modo tipico dei ricercatori anglo-sassoni.
Se non avete il tempo di leggerlo cito un aspetto conclusivo del rapporto, quello relativo all’impatto dell’aumento del prezzo dei prodotti agricoli sulla spesa alimentare.
Il modello elaborato, di tipo econometrico, (e qui si riapre la riflessione sulla utilità dei modelli) tiene conto della “dieta”, ovvero degli alimenti che mediamente consumiamo nei paesi sviluppati e nei paesi in via di sviluppo ed importatori di prodotti agricoli.
Se si ipotizza un aumento del 50% dei prezzi dei prodotti agricoli (frumento, mais, olio, ecc..) si avrebbe un aumento del 6% del prezzo della spesa alimentare per nei paesi sviluppati, mentre data la diversa incidenza della spesa alimentare nei paesi in via di sviluppo con deficit alimentare l’incremento è di oltre il 21% sulla spesa per alimenti.
Lo scenario ipotizzato tiene conto del reddito e di come viene distribuito. Nei paesi sviluppati (siamo poi tra questi?) l’aumento del 6% della spesa alimentare rappresenta solo lo 0,6% del nostro reddito mentre per i paesi in via di sviluppo l’aumento del 50% per prezzi dei prodotti agricoli ha un impatto del 10,5%.
Se osserviamo i dati presentati nei giorni scorsi l’aumento del prezzo dei prodotti agricoli è ben al di sotto del 50% ipotizzato nello studio dell’USDA ed allora perché osserviamo quel 6% di aumento della “spesa” per l’alimentazione?
In ogni caso quel 6% di aumento non ci porta alla “rovina” si tratta di solo dello 0,6% di quanto guadagniamo.
Il problema è capire chi sta facendo il furbo. Il signor “mister prezzi” vuole intervenire o se ne sta a guardare?
Se non avete il tempo di leggerlo cito un aspetto conclusivo del rapporto, quello relativo all’impatto dell’aumento del prezzo dei prodotti agricoli sulla spesa alimentare.
Il modello elaborato, di tipo econometrico, (e qui si riapre la riflessione sulla utilità dei modelli) tiene conto della “dieta”, ovvero degli alimenti che mediamente consumiamo nei paesi sviluppati e nei paesi in via di sviluppo ed importatori di prodotti agricoli.
Se si ipotizza un aumento del 50% dei prezzi dei prodotti agricoli (frumento, mais, olio, ecc..) si avrebbe un aumento del 6% del prezzo della spesa alimentare per nei paesi sviluppati, mentre data la diversa incidenza della spesa alimentare nei paesi in via di sviluppo con deficit alimentare l’incremento è di oltre il 21% sulla spesa per alimenti.
Lo scenario ipotizzato tiene conto del reddito e di come viene distribuito. Nei paesi sviluppati (siamo poi tra questi?) l’aumento del 6% della spesa alimentare rappresenta solo lo 0,6% del nostro reddito mentre per i paesi in via di sviluppo l’aumento del 50% per prezzi dei prodotti agricoli ha un impatto del 10,5%.
Se osserviamo i dati presentati nei giorni scorsi l’aumento del prezzo dei prodotti agricoli è ben al di sotto del 50% ipotizzato nello studio dell’USDA ed allora perché osserviamo quel 6% di aumento della “spesa” per l’alimentazione?
In ogni caso quel 6% di aumento non ci porta alla “rovina” si tratta di solo dello 0,6% di quanto guadagniamo.
Il problema è capire chi sta facendo il furbo. Il signor “mister prezzi” vuole intervenire o se ne sta a guardare?
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Politica economica
giovedì, agosto 14, 2008
Ma ci dobbiamo fidare dei modelli di previsione ?!!
Prendiamo il caso dei cereali
Alla fine del 2006 sul sito web specializzato dell’Unione Europea vengono pubblicati documenti per definire le strategie della UE in materia di biocarburanti.
L’argomento non è nuovo per gli addetti ai lavori e da anni si valutano le reali possibilità per sfruttare risorse agricole a fini energetici. In Brasile si producono rilevanti quantità di etanolo ottenuto dalla fermentazione della canna da zucchero, mentre negli USA l’etanolo viene ottenuto dalla fermentazione dell’amido contenuto nel mais.
Da anni i prezzi dei cereali erano in calo non solo nella UE ma un po’ in tutto il mondo. Le politiche agricole sono rivolte alla graduale liberalizzazione e globalizzazione dei mercati, pertanto tutte le analisi ritenevano che si sarebbe mantenuta la stabilità dei prezzi su livelli bassi. Negli USA si dice che la lobbie dei cerealicoltori preoccupati per il deprimente andamento dei mercati abbiano indotto il “petroliere” Bush a sovvenzionare l’industria dei biocombustibili e di conseguenza il mercato dei cereali.
In pochi mesi tutti queste previsioni ottimistiche rivolte alla diversificazione delle fonti energetiche vengono sconvolte da un inatteso ed esponenziale aumento del prezzo di quasi tutti i cereali.
Il mercato del petrolio si era già mosso, con incrementi, nel 2005 ma dalla primavera del 2007 nel mercato dei cereali non si era visto nulla di simile da decenni.
Il fenomeno rialzo del prezzi parte da Chicago, e tutti gli analisti incominciano ad analizzare il fenomeno. Fiumi di inchiostro per indagare tutte le diverse ragioni, biocarburanti, scarso raccolto in Australia, cambiamenti climatici, la crescita di Cina ed India, insomma chi più ne ha più ne metta.
I mercati a termine semplicemente impazziti.
Nel maggio del 2008 l’USDA pubblica un interessante report in cui sono descritti gli eventi dell’ultimo anno. (Global Agricultural Supply and
Demand: Factors Contributing to the Recent Increase in Food Commodity Prices)
Nelle “stanze” del potere e tra gli addetti ai lavori si affermava che la situazione era critica e che andavano presi provvedimenti urgenti. Tutti erano convinti che ci sarebbero voluti almeno 2-3 anni per dare stabilità al mercato e quindi le previsioni erano per la campagna cerealicola 2007-2008 ancora prezzi alti, anche se non altissimi.
La UE nell’estate del 2007 consente la coltivazione delle superfici a “set a side” che corrispondono a circa il 10% della superficie a cereali.
In certi momenti sembrava il panico, roba da “assalto ai forni” di manzoniana memoria.
In un contesto simile è accaduto esattamente quello che si poteva immaginare anche senza scomodare sofisticati modelli econometrici.
L’industria di trasformazione ne ha approfittato per “ritoccare” listini fermi da tempo. Questo punto può essere oggetto di approfondimenti. I produttori ne hanno approfittato per incrementare le superfici coltivate e soprattutto hanno impiegato più fattori produttivi. Gli incrementi delle rese unitarie sono possibili impiegando più concimi o diserbanti. Le condizioni climatiche sono state generalmente soddisfacenti.
Risultato, si veda il rapporto UE (Previsione sulle rese cerealicole annue) sulla stima delle rese delle principali produzioni rispetto al dato medio degli ultimi 5 anni + 4,8% per il frumento tenero, +12,8% per il frumento duro e il 9,5% per il mais.
I mercati hanno già “fiutato” tale situazione ed i prezzi sono in forte calo.
Le rilevazioni Ismea indicano quotazioni in calo rispetto al 2007 per frumento e mais e si tenga presente che in questo periodo stava iniziando il fenomeno di prezzi al rialzo.
I prezzi attuali non sono affatto remunerativi per gli agricoltori che hanno operato sulla base di indicazioni al rialzo e quindi hanno “sopportato” gli incrementi di spesa per energia e fertilizzanti con la speranza di buoni incassi.
La realtà si sta rilevando ben più amara.
In sostanza i modelli previsionali devono essere utilizzati con grande cautela e ci possono aiutare ben poco quando certe situazioni vengono manipolate da vasti settori affaristici e speculativi.
C'è materiale per riflettere !!!!
Alla fine del 2006 sul sito web specializzato dell’Unione Europea vengono pubblicati documenti per definire le strategie della UE in materia di biocarburanti.
L’argomento non è nuovo per gli addetti ai lavori e da anni si valutano le reali possibilità per sfruttare risorse agricole a fini energetici. In Brasile si producono rilevanti quantità di etanolo ottenuto dalla fermentazione della canna da zucchero, mentre negli USA l’etanolo viene ottenuto dalla fermentazione dell’amido contenuto nel mais.
Da anni i prezzi dei cereali erano in calo non solo nella UE ma un po’ in tutto il mondo. Le politiche agricole sono rivolte alla graduale liberalizzazione e globalizzazione dei mercati, pertanto tutte le analisi ritenevano che si sarebbe mantenuta la stabilità dei prezzi su livelli bassi. Negli USA si dice che la lobbie dei cerealicoltori preoccupati per il deprimente andamento dei mercati abbiano indotto il “petroliere” Bush a sovvenzionare l’industria dei biocombustibili e di conseguenza il mercato dei cereali.
In pochi mesi tutti queste previsioni ottimistiche rivolte alla diversificazione delle fonti energetiche vengono sconvolte da un inatteso ed esponenziale aumento del prezzo di quasi tutti i cereali.
Il mercato del petrolio si era già mosso, con incrementi, nel 2005 ma dalla primavera del 2007 nel mercato dei cereali non si era visto nulla di simile da decenni.
Il fenomeno rialzo del prezzi parte da Chicago, e tutti gli analisti incominciano ad analizzare il fenomeno. Fiumi di inchiostro per indagare tutte le diverse ragioni, biocarburanti, scarso raccolto in Australia, cambiamenti climatici, la crescita di Cina ed India, insomma chi più ne ha più ne metta.
I mercati a termine semplicemente impazziti.
Nel maggio del 2008 l’USDA pubblica un interessante report in cui sono descritti gli eventi dell’ultimo anno. (Global Agricultural Supply and
Demand: Factors Contributing to the Recent Increase in Food Commodity Prices)
Nelle “stanze” del potere e tra gli addetti ai lavori si affermava che la situazione era critica e che andavano presi provvedimenti urgenti. Tutti erano convinti che ci sarebbero voluti almeno 2-3 anni per dare stabilità al mercato e quindi le previsioni erano per la campagna cerealicola 2007-2008 ancora prezzi alti, anche se non altissimi.
La UE nell’estate del 2007 consente la coltivazione delle superfici a “set a side” che corrispondono a circa il 10% della superficie a cereali.
In certi momenti sembrava il panico, roba da “assalto ai forni” di manzoniana memoria.
In un contesto simile è accaduto esattamente quello che si poteva immaginare anche senza scomodare sofisticati modelli econometrici.
L’industria di trasformazione ne ha approfittato per “ritoccare” listini fermi da tempo. Questo punto può essere oggetto di approfondimenti. I produttori ne hanno approfittato per incrementare le superfici coltivate e soprattutto hanno impiegato più fattori produttivi. Gli incrementi delle rese unitarie sono possibili impiegando più concimi o diserbanti. Le condizioni climatiche sono state generalmente soddisfacenti.
Risultato, si veda il rapporto UE (Previsione sulle rese cerealicole annue) sulla stima delle rese delle principali produzioni rispetto al dato medio degli ultimi 5 anni + 4,8% per il frumento tenero, +12,8% per il frumento duro e il 9,5% per il mais.
I mercati hanno già “fiutato” tale situazione ed i prezzi sono in forte calo.
Le rilevazioni Ismea indicano quotazioni in calo rispetto al 2007 per frumento e mais e si tenga presente che in questo periodo stava iniziando il fenomeno di prezzi al rialzo.
I prezzi attuali non sono affatto remunerativi per gli agricoltori che hanno operato sulla base di indicazioni al rialzo e quindi hanno “sopportato” gli incrementi di spesa per energia e fertilizzanti con la speranza di buoni incassi.
La realtà si sta rilevando ben più amara.
In sostanza i modelli previsionali devono essere utilizzati con grande cautela e ci possono aiutare ben poco quando certe situazioni vengono manipolate da vasti settori affaristici e speculativi.
C'è materiale per riflettere !!!!
Brunetta e il calo dell’assenteismo
Il periodo è vacanziero e la tentazione di allungare le ferie in modo improprio è forte. Il Ministro Brunetta ha trionfalmente reso noto i dati sulle assenze dei dipendenti pubblici sottolineandone la rilevante flessione in confronto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il Decreto è entrato in vigore da poco tempo, ma come dice il detto “tanto tuonò che piovve” a furia di parlare di fannulloni, delle assenze ingiustificate, dei certificati medici di dubbia natura qualche risultato è stato raggiunto.
Vi chiedo però se secondo voi la riduzione dell’assenteismo sia poi realmente un vantaggio. Il termine “efficienza” per il burocrate è sinonimo di: “cosa facile resa difficile mediante l’inutile”, quindi avere molti dipendenti pubblici al proprio posto di lavoro potrebbe dimostrarsi a lungo andare disastroso.
Per dimostrare l’utilità della cosa inutile di cui si stanno occupando i burocrati potrebbero escogitare chissà quale diavoleria e di conseguenza i pochi soldi “persi” per una assenza ingiustificata diventano un maggiore onere per tutta la collettività.
Il vero problema delle PA è quello di gestire la cosa pubblica come 50 anni fa.
L’introduzione dell’informatica o di altre procedure informatizzate è solo una “facciata” perché alla fine di tutto il percorso ci vuole sempre una scartoffia, una firma, ci si inventa un modulo e così tutto si complica nuovamente e si giustifica la necessità di un personale esuberante ed inutile in relazione alle cose da fare.
Faccio due esempi.
Il primo riguarda il rilascio per “patentino” per guidare lo scooter. Nella città in cui vivo, forse in altre la cosa è diversa, occorre recarsi alla Motorizzazione con vari documenti, in particolare con la ricevuta del versamento di due bollettini postali identici e quando identici intendo proprio uguali in tutto, importo (se non ricordo male una decina di euro), causale, destinatario ecc.. tengo a precisare che per fare i due versamenti si paga due volte il costo del bollettino (€ 1,50).
Quando mi sono presentato allo sportello ho chiesto ragione dei due bollettini precisando il fatto che se ne poteva fare uno essendo identici. L’impiegato ha sbarrato gli occhi ed ha detto: “impossibile” ed io ho detto:”perché ?”, a questo punto l’impiegato, scocciato di tanta insistenza, mostrandomi un modulo tipo foglio protocollo e con in mano una cucitrice, risponde: “una ricevuta la devo mettere su questa facciata” e da il punto con la cucitrice, “l’altra la devo mettere su quest’altra facciata” e graffa la seconda ricevuta…
Questa è la burocrazia. Non c’è assenteismo che tenga…
Il secondo è più ampio e riguarda l’inutilità delle Province, carrozzoni che costano e basta. Ogni funzionario deve pur giustificare il suo ruolo e la sua funzione quindi ci si inventa di tutto. Si tenga presente che sono istituzioni governate da cittadini eletti e come tali devo pur distribuire soldi a questo e quello.
Non servono a nulla eppure sono lì e anche se tanti in campagna elettorale hanno detto di volerle abolire della cosa non se ne parla.
Ci dica il Ministro Brunetta, quanto ci costano e quanto potremmo risparmiare !!!
Vi chiedo però se secondo voi la riduzione dell’assenteismo sia poi realmente un vantaggio. Il termine “efficienza” per il burocrate è sinonimo di: “cosa facile resa difficile mediante l’inutile”, quindi avere molti dipendenti pubblici al proprio posto di lavoro potrebbe dimostrarsi a lungo andare disastroso.
Per dimostrare l’utilità della cosa inutile di cui si stanno occupando i burocrati potrebbero escogitare chissà quale diavoleria e di conseguenza i pochi soldi “persi” per una assenza ingiustificata diventano un maggiore onere per tutta la collettività.
Il vero problema delle PA è quello di gestire la cosa pubblica come 50 anni fa.
L’introduzione dell’informatica o di altre procedure informatizzate è solo una “facciata” perché alla fine di tutto il percorso ci vuole sempre una scartoffia, una firma, ci si inventa un modulo e così tutto si complica nuovamente e si giustifica la necessità di un personale esuberante ed inutile in relazione alle cose da fare.
Faccio due esempi.
Il primo riguarda il rilascio per “patentino” per guidare lo scooter. Nella città in cui vivo, forse in altre la cosa è diversa, occorre recarsi alla Motorizzazione con vari documenti, in particolare con la ricevuta del versamento di due bollettini postali identici e quando identici intendo proprio uguali in tutto, importo (se non ricordo male una decina di euro), causale, destinatario ecc.. tengo a precisare che per fare i due versamenti si paga due volte il costo del bollettino (€ 1,50).
Quando mi sono presentato allo sportello ho chiesto ragione dei due bollettini precisando il fatto che se ne poteva fare uno essendo identici. L’impiegato ha sbarrato gli occhi ed ha detto: “impossibile” ed io ho detto:”perché ?”, a questo punto l’impiegato, scocciato di tanta insistenza, mostrandomi un modulo tipo foglio protocollo e con in mano una cucitrice, risponde: “una ricevuta la devo mettere su questa facciata” e da il punto con la cucitrice, “l’altra la devo mettere su quest’altra facciata” e graffa la seconda ricevuta…
Questa è la burocrazia. Non c’è assenteismo che tenga…
Il secondo è più ampio e riguarda l’inutilità delle Province, carrozzoni che costano e basta. Ogni funzionario deve pur giustificare il suo ruolo e la sua funzione quindi ci si inventa di tutto. Si tenga presente che sono istituzioni governate da cittadini eletti e come tali devo pur distribuire soldi a questo e quello.
Non servono a nulla eppure sono lì e anche se tanti in campagna elettorale hanno detto di volerle abolire della cosa non se ne parla.
Ci dica il Ministro Brunetta, quanto ci costano e quanto potremmo risparmiare !!!
venerdì, agosto 01, 2008
È arrivata la “bufala” dell’estate, Berlusconi non si smentisce
Ieri, Sulla prima pagina di quasi tutti i giornali la vicenda Alitalia era in primo piano. Notizie frammentarie, tutte basate sulle “indiscrezioni” pronunciate, prima di tutto da Berlusconi, e poi dai vari personaggi che hanno accesso alla stanza dei bottoni.
Quello che ho letto non è assolutamente credibile, a smentirlo sono i “numeri” ufficiali di Alitalia. La “Nuova Alitalia” non può nascere come la “Nuova Parmalat” (legge Marzano a parte) perché vi ricordo che il conto economico di Parmalat era in attivo, il “core business” quello dei prodotti lattiero caseari era in grado di generare profitto. Il crac Parmalat è stato causato dalle “follie” finanziarie e da attività che ben poco avevano a che fare con l’agroalimentare.
L’operazione salvataggio Parmalat non è stata facile ed al Commissario vanno fatti mille elogi, ma in ogni caso aveva risorse sulle quali lavorare.
Alitalia non genera profitto nel suo “core business” per come è gestito ed organizzato, ovvero la Nuova Alitalia deve essere una cosa diversa da quella di adesso.
Con le difficoltà del settore capite bene che si tratta di un investimento ad altissimo rischio. Come fa un imprenditore ad investire 100-200 milioni di euro senza una certezza di redditività, al minimo 3-4%. Il miliardo di cui si “favoleggia” dovrebbe rendere dai 30 ai 40 milioni di Euro. Vi ricordo che la gestione Alitalia nel 2007 ne ha persi 300 di milioni.
Che fine fa il prestito obbligazionario di 700 milioni scadenza 2010?
Gli esuberi sarebbero 12-13 mila perché 5000 verrebbero da Alitalia e gli altri da Alitalia Servizi che va in liquidazione con tutti i debiti.
Vi avevo detto che eravamo in attesa della “bufala” Alitalia, è arrivata
Quello che ho letto non è assolutamente credibile, a smentirlo sono i “numeri” ufficiali di Alitalia. La “Nuova Alitalia” non può nascere come la “Nuova Parmalat” (legge Marzano a parte) perché vi ricordo che il conto economico di Parmalat era in attivo, il “core business” quello dei prodotti lattiero caseari era in grado di generare profitto. Il crac Parmalat è stato causato dalle “follie” finanziarie e da attività che ben poco avevano a che fare con l’agroalimentare.
L’operazione salvataggio Parmalat non è stata facile ed al Commissario vanno fatti mille elogi, ma in ogni caso aveva risorse sulle quali lavorare.
Alitalia non genera profitto nel suo “core business” per come è gestito ed organizzato, ovvero la Nuova Alitalia deve essere una cosa diversa da quella di adesso.
Con le difficoltà del settore capite bene che si tratta di un investimento ad altissimo rischio. Come fa un imprenditore ad investire 100-200 milioni di euro senza una certezza di redditività, al minimo 3-4%. Il miliardo di cui si “favoleggia” dovrebbe rendere dai 30 ai 40 milioni di Euro. Vi ricordo che la gestione Alitalia nel 2007 ne ha persi 300 di milioni.
Che fine fa il prestito obbligazionario di 700 milioni scadenza 2010?
Gli esuberi sarebbero 12-13 mila perché 5000 verrebbero da Alitalia e gli altri da Alitalia Servizi che va in liquidazione con tutti i debiti.
Vi avevo detto che eravamo in attesa della “bufala” Alitalia, è arrivata
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